BALTHUS
100ème anniversaire

Martigny, Fondation Pierre Gianadda (Rue du Forum 59 - 1920 Martigny - Svizzera)
13 giugno – 23 novembre 2008

 

SVIZZERA: ci ho vissuto così tanto tempo che credo di essere svizzero. È durante la pri-ma guerra mondiale che ho scoperto questo Paese. Avrei tante cose da raccontare… La Svizzera ha giocato un ruolo importante nella mia giovinezza e, poi, ci torno spesso, qua-si come per caso… (Balthus)

"Il modo migliore di cominciare è dire: Balthus è un pittore di cui non si sa nulla. E ora guardiamoci i di-pinti.": questa è la risposta che Balthus diede quarant’anni fa alla Tate Gallery che organizzava una sua re-trospettiva e voleva un testo di presentazione.
La prossima mostra della Fondation Pierre Gianadda a Martigny, Balthus (100e anniversaire), curata da Jean Clair e Dominique Radrizzani, concentra a Martigny i capolavori dell’artista. Molti anniversari si affollano attorno a questo avvenimento: il centenario della nascita innanzitutto, ma anche il venticinquesimo della sua riscoperta in occasione della grande retrospettiva del Centre national d'art de culture Georges Pompidou nel 1983, e, ancora, il trentennale dell’inaugurazione della Fondation Pierre Gianadda il 19 novembre 1978.
Non è la prima volta che Balthus diventa vallesano. Tutto ha inizio proprio nel Canton Vallese, vicino a Sier-re, dove, ogni anno, il poeta tedesco Rainer Maria Rilke (con cui la madre intrattiene una relazione amorosa) invita madre e figli a venire a distrarsi nel suo castello di Muzot, dove scriverà la prefazione del libro Mitsou del giovanissimo Balthus (disegnato a 11 anni e pubblicato a 13). Anche la sua prima opera pittorica cono-sciuta Paysage (Muzot), dipinto nel 1922 a 15 anni, è un documento della sua presenza nel Canton Vallese.
Spesso controcorrente e a distanza dalle avanguardie, Balthus sviluppa presto nel segreto del suo atelier pari-gino, uno stile unico e misterioso, che si riallaccia alla pittura del Quattrocento italiano (in particolare Piero della Francesca) e prolunga la grande tradizione francese (Poussin, Ingres, Courbet). Come Alberto Giaco-metti, a cui egli si accosta e che diventerà il suo miglior amico, Balthus diffida del Surrealismo per aggrap-parsi alla figurazione e esplorarne i complicati segreti, senza esitare a guardare alla lezione allora denigrata, perché ritenuta troppo conservatrice, di André Derain.
La retrospettiva invita a percorrere tutti i periodi e i temi di Balthus: ritratti, paesaggi, senza dimenticare le giovani ninfe languide che costituiscono la componente maggiore del " mistero Balthus ".
La mostra confronta i due mitici paesaggi urbani La Rue del 1933 (entrata al Museum of Modern Art de New York quando l’artista era ancora in vita) qui esposta per la prima volta in Svizzera e Le Passage du Commer-ce-Saint-André, realizzato vent’anni dopo: due archetipi dello spettacolo della città, due icone della strada che, raccontando in un modo strano il teatro della vita, iscrivono Balthus nella " grande tradizione della pit-tura per la quale la tela è uno spazio geometrico da riempire " (Antonin Artaud).
Nel 1933 La Toilette de Cathy è nata da un progetto di illustrazione di Les Hauts de Hurlevent di Emily Bronte. Vicino ad Antonin Artaud e al suo " Théâtre de la cruauté " – Balthus realizza le scene e i costumi della famosa rappresentazione dei Cenci –, il suo progetto riflette una profonda rivolta interiore e contiene in germe tutto un sistema estetico : " Io voglio - scrive - mettervi molte cose, la tenerezza, la nostalgia infantile, il sogno, l’amore, la morte, la crudeltà, il crimine, la violenza, il grido di odio, il ruggito e le lacrime! Tutto questo, tutto ciò che è celato nel fondo di noi stessi, un’immagine di tutti gli elementi essenziali dell’essere umano spogliato della sua spessa crosta di vile ipocrisia! Un dipinto sintetico dell’uomo come sarebbe se sapesse ancora essere grande. "
Da Mitsou (1919) al Chat de la Méditerranée passando per Thérèse rêvant, Le Salon II o Les Poissons rou-ges, il gatto abita l’universo di Balthus. È il suo animale feticcio. Cavalcando il mistero, l’ironia e il distacco, Balthus rappresenta se stesso nel Roi des chats (1935) e, in una lettera della sua Correspondance amoureuse perfettamente contemporanea all’esecuzione del celeberrimo autoritratto, dichiara : "Viva i Gatti! E restiamo sul nostro muro e guardiamo con la nostra ironia sprezzante e altera gli uomini che si agitano come dementi e che si gestiscono malamente." Una quindicina di anni dopo, il gustoso (e gustato) Chat de la Méditerranée è ancora un autoritratto.
Accanto a un percorso antologico del genio pittorico di Balthus, una sala intera svela poi gli straordinari di-segni, decisamente intensi e carichi di sensualità.
La retrospettiva della Fondation Pierre Gianadda riunisce i principali capolavori di Balthus, provenienti dalle più grandi collezioni pubbliche e private d’Europa e degli Stati Uniti (in particolare: Musée de Picardie, Amiens; Kunstmuseum, Berna; Scottish National Gallery of Modern Art, Edimburgo; Tate Gallery, Liverpo-ol; Metropolitan Museum, New York; The Museum of Modern Art, New York; Musée national d’Art mo-derne, Centre Georges Pompidou, Parigi; Musée Jenisch, Vevey; Hirschhorn Museum and Sculpture Garden, Smithsonian Institution, Washington), ma anche dal Grand Chalet e dalle collezioni della famiglia dell’artista.
Il catalogo, curato, come la mostra, da Jean Clair e Dominique Radrizzani, riproduce a colori tutte le opere esposte e comprende testi di diversi autori, che affrontano i vari aspetti dell’opera di Balthus : Jean Clair, Robert Kopp, Raymond Mason, Dominique Radrizzani, Jean Starobinski, Camille Viéville.

Partenaire principal