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CARLO CARRÀ.
Disegni e incisioni
Como, Spazio Enzo Pifferi Editore
9 - 23 aprile 2005
Lo spazio Enzo Pifferi
Editore, in via Indipendenza 80 a Como, presenta una selezione di opere
su carta di Carlo Carrà, equamente ripartite tra disegni e incisioni.
Si tratta di una mostra che percorre il lavoro dellartista piemontese
- Carrà nacque a Quargnento, in provincia di Alessandria, nel 1881
e morì a Milano nel 1966 - lungo quasi cinquantanni, dal
1920 al 1964.
Carrà è considerato uno dei grandi artisti italiani del
Novecento, importante per le esperienze davanguardia condotte nel
primo decennio del secolo quando, dopo unesperienza in ambito divisionista,
fu tra i firmatari del manifesto futurista, ma anche per la significativa
parentesi metafisica che lascia un segno indelebile nella sua ricerca,
e per quel suo particolare ritorno allordine della classicità
e della tradizione che lo rende capace di una poetica originale e densa
di suggestioni.
Le opere in mostra (una settantina in tutto) ripercorrono gli anni che
seguono la prima guerra mondiale e toccano un po tutte le tematiche
affrontate in pittura. Il disegno tracciato a matita o a inchiostro sulla
carta o inciso nella lastra di rame (le grafiche sono quasi tutte eseguite
allacquaforte, ad eccezione di alcune litografie) rispondono tutte
ad un medesimo intento che è quello della depurazione della forma
che si esprime mediante una semplificazione estrema dellimmagine.
Ecco allora - scrive Luigi Cavadini nellintroduzione al catalogo
- un segno scarno, scabro, oserei dire silenzioso in cui si
ritrova lorigine vera della sua pittura. Un segno che
in modi diversi, ma con grande coerenza, realizza studi di figura per
un dipinto o unincisione, illustrazioni per libri, scene mitologiche
o, ancora, qualche paesaggio. Fra i disegni non mancano quelli per le
illustrazioni del Don Chisciotte che Carrà realizzò
a Corenno Plinio, sul lago di Como, dove visse qualche tempo con la famiglia
nel 1943, sfollato dopo i bombardamenti su Milano.
Scene di carattere sacro e scene profane - scrive ancora Cavadini
- sono trattate con la stessa sottile interpretazione, che assegna alle
cose e alle persone una presenza talmente discreta, da indurre Massimo
Carrà, figlio dellartista ma anche storico e critico darte
rigoroso, a parlare, a proposito del suo approccio alla narrazione di
nudità di linguaggio. Con una definizione che fotografa
bene sia ladesione alle cose che lestrema rarefazione del
loro essere nei confronti delluomo.
Particolare attenzione meritano le incisioni e le litografie, che costituiscono
un capitolo importante dellopera di Carrà e che qui sono
esemplificate con una carrellata di lavori fondamentali eseguiti tra 1922
e 1928. Vi si ritrova lo stesso spirito del disegno di cui sono unestensione,
ma anche una originale freschezza di linguaggio e sorprendente e nuova
declinazione dei segni.
Nota
biografica
Carlo Carrà è nato a Quargnento (Alessandria) l11
febbraio 1881, da famiglia artigiana. Dopo aver esercitato per un decennio
il mestiere di decoratore murale a Milano, Parigi, Londra, Bellinzona,
nel 1906 entra allAccademia di Brera dove stringe amicizia coi giovani
pittori Bonzagni, Romani, Valeri e Boccioni, e sviluppa una esperienza
figurativa di tipo divisionista. Agli inizi del 1910 incontra Marinetti
e con lui, Boccioni e Russolo, decide di lanciare un manifesto ai giovani
artisti per un rinnovamento del linguaggio pittorico. Vi aderiscono Balla
e Severini: nasce così il futurismo. Nellautunno del 1911
Carrà si reca per la seconda volta a Parigi e avvia i primi contatti
col mondo cubista; contatti che si intensificheranno durante il terzo
viaggio nel febbraio del 1912 per lesposizione futurista alla Galleria
Bernheim Jeune. In questa occasione conosce Apollinaire, Picasso, Braque,
Modigliani, Matisse, Léger, Derain e Medardo Rosso. Agli inizi
del 1913 aderisce al futurismo il gruppo fiorentino de La Voce,
che stava avviando la nuova rivista Lacerba, diretta da Papini
e Soffici. Carrà vi collabora assiduamente con scritti e disegni:
contemporaneamente sviluppa i rapporti coi cubisti francesi e nel 1914
trascorre ancora un periodo a Parigi. Frattanto matura in lui la crisi
del futurismo: è questo il tempo dei suoi collages che rispecchiano
appunto il suo progressivo distacco dal movimento marinettiano; ed è
pure il tempo dei suoi studi sullarte di Giotto e Paolo Uccello.
Disegna parecchio, anticipando soluzioni formali che verranno trasferite
nella sua pittura negli anni seguenti. Nel 1916 pubblica nella nuova Voce:
Parlata su Giotto e Paolo Uccello costruttore
dove si riflette la sua nuova posizione artistica e il senso di recupero
di un tempo storico. Del medesimo anno sono i quadri di impronta
primitiva e alcuni già metafisici.
Richiamato alle armi, dopo un periodo a Pieve di Cento, Carrà per
le sue cattive condizioni di salute è ricoverato allOspedale
Militare di Ferrara: qui incontra De Chirico e Savinio, Govoni e De Pisis.
E anche qui disegna e dipinge.
Nel 1919, smobilitato, Carrà rientra a Milano e si sposa con Ines
Minoja. Segue un altro periodo di meditazioni e crisi interiori: dipinge
poco e soprattutto disegna, realizzando quella serie di fogli che i critici,
poi, definiranno la sua fase purista. La ricerca ora è
volta alla semplificazione più scarna dellimmagine per fermare
lessenza; ed è il presupposto diretto della nuova pittura
che egli comincerà a realizzare nel 1921. Una sorta, insomma, di
esercitazione sugli elementari della pittura attraverso i
quali Carrà nuovamente interpreta la definizione leonardesca dellarte
come operazione mentale. Poetica questa che si riflette nei
quadri e nei disegni non meno che negli scritti pubblicati nella rivista
Valori Plastici diretta da Mario Broglio.
Nel 1923 Carrà affronta il tema del paesaggio marino a Camogli,
e il frutto di questo soggiorno sono alcuni dipinti e parecchi disegni
destinati a dar spunto a una serie di acqueforti che inciderà a
Milano lanno seguente, dopo una permanenza in Valsesia e nuove meditazioni
su Cézanne e i valori del paesaggio. Ora Carrà procede nel
proprio lavoro in solitudine, senza più unirsi a gruppi; e questa
posizione isolata la conserva anche di fronte al movimento Novecento
al quale non dà la propria adesione pur partecipando alle due mostre
milanesi del 1926 e del 1929 e ad alcune mostre allestero.
Dal 1926 Carrà passa ogni anno diversi mesi a Forte dei Marmi,
dove trova temi che gli divengono congeniali, le spiagge deserte, i monti
sul mare, i capanni. Seguono anni di lavoro intenso sulla linea di quella
che è ormai la sua poetica duratura: lo dichiara egli stesso quando
scrive che gli è necessario ricercare un vero poetico sostenendo
che limmateriale cerca adeguata forma, e la forma crea la superiore
armonia che ritorna allimmateriale svelato attraverso lesperienza
pittorica. È la sua poetica delle cose ordinarie,
le cose cioè che esistono quando lanimo sinarca
e le cose non sono cose, ma espressione poetica del nostro spirito creatore.
È questa una linea di continuità che non esclude, naturalmente,
forme e modi diversi: volti cioè a una sintesi più accentuata
verso quel difficoltoso equilibrio fra elemento concreto e sua trasfigurazione,
o astrazione, che per Carrà è stato sempre il problema centrale.
Accanto al lavoro pittorico, prosegue la sua battaglia per larte
moderna con scritti di critica e di dottrina estetica, particolarmente
sul quotidiano milanese LAmbrosiano.
E disegna sempre intensamente, perché trova nel disegno il mezzo
più immediato, nitido per fermare idee e spunti di ricerca che
poi gli serviranno nel linguaggio pittorico. Anche nellestate del
1965, la sua ultima estate passata a Forte dei Marmi, esegue una folta
serie di disegni, che sono fra le sue ultime opere. Il 13 aprile 1966
Carrà muore a Milano in conseguenza di una brevissima malattia.
(M.C.)
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