PIERRE CASÈ. Mnemosine per Venezia

Venezia, Chiesa di San Stae
10 marzo – 1 maggio 2007

 

Dal 10 marzo all’1 maggio si terrà nella chiesa di S. Stae a Venezia la mostra Mnemosine per Venezia di Pierre Casè. Nato a Locarno nel 1944, l’artista vive e lavora a Maggia nel Canton Ticino. Per dieci anni, dal 1990 al 200, è stato il direttore artistico della Pinacoteca casa Rusca di Locarno per cui ha curato l’organizzazione di importanti rassegne dedicate all’arte europea del Novecento. Da sempre, però, Casè è pittore e lungo è l’elenco delle esposizioni tenute in spazi pubblici e privati. Tra le rassegne più recenti, vanno ricordate quelle proposte nel 1998 al Museo Russo di San Pietroburgo e al Manège di Mosca, nel 1999 alla Galleria SPSAS di Locarno, nel 2001 alla Galleria del Credito Valtellinese ( Palazzo Sertoli ) di Sondrio, nel 2002 alla Kunstgarten Galerie Hedy Ernst di Mühlehof e presso il Design Center di Langenthal, nel 2003 alla Galleria San Carlo di Milano, alla Galleria Rotta di Genova e al Museo Civico Floriano Bodini di Gemonio, nel 2004 l’antologica alla Pinacoteca Casa Rusca di Locarno.

Per Venezia l’artista ha operato in due direzioni. La prima è quella che affonda le radici nell’ictus che lo ha colpito nel 2000 e che lo ha portato a confrontarsi con se stesso, impersonato dagli emisferi del cervello fissati in successione da una TAC, la seconda prende consistenza dalla storia e dalle suggestioni della chiesa di San Stae, luogo egregio dell’architettura veneziana, restaurata negli anni ’80 dalla Confederazione Svizzera tramite la Fondazione Pro Venezia e luogo deputato ad accogliere parte della presenza svizzera alla Biennale di Venezia.

In San Stae Casè realizzerà due alti muri convergenti a imbuto verso l’altare maggiore. Su di essi sono disposti in una scansione regolare su dieci file per parte 1040 teste arcaiche o mnemosine (in mitologia Mnemosine, figlia di Geo ed Urano, è la personificazione della memoria): si tratta di formelle realizzate su una base di ferro volutamente arrugginito, con interventi che utilizzano sabbia, catrame, colori e imitano la forma di due emisferi cerebrali quali si possono osservare nelle radiografie. Così riproposte e ripetute - ciascuna diversa dall’altra - esse forniscono l’incubo di una perdita dell’intelligenza, della sensibilità e soprattutto della memoria. Il non conoscersi più o il non sapersi più collocare nel luogo e nel momento di competenza spalanca le porte abissali dell’angoscia. È quindi da ritenersi un gesto rituale, quasi scaramantico, quello attuato da Pierre Casè che ha ricondotto l’essenza della rappresentazione a quel primitivo arco incontrato più volte nel cammino; è quell’arco che preserva il nucleo, la fucina dei pensieri e delle emozioni.

Le 1040 essenze craniche vanno considerate non solo un necessario promemoria ma anche un modo insistente e diretto per colloquiare col destino, per misurare e anticipare il tempo che ci identifica e ci compete. Saper interpretare i lievi movimenti e mutamenti cerebrali, non attraverso i freddi calcoli della scienza ma attraverso la corrosiva e invadente manipolazione dei materiali elaborati in un’azione tecnico-alchemica (nella quale il fuoco ha avuto un ruolo fondamentale) concede all’artista il vantaggio della prima mossa, dell’invenzione. Così l’arte si apparenta con la scienza e con la medicina, proprio come accadeva agli albori della nostra civiltà.
Pierre Casè si racconta e ci racconta dunque per seduzioni visive e per emozioni narrative con straordinaria sensibilità pittorica e con finissima partecipazione interiore. L’aver vissuto l’annichilente travaglio dell’impotenza di comunicare coi gesti e con le immagini, gli permette ora, superati i momenti dello smarrimento, di mettere a frutto quel silenzio, quella pausa del vivere e del fare arte. La riflessione su quei momenti accompagna la creatività ritrovata: “… Emisfero destro, emisfero sinistro e la ritrovata creatività drammaticamente sospesa tra l’essere e il non essere come l’impronta di un continuo evolversi del vissuto verso un raggiungimento di nuove testimonianze e di nuovi significati”.

L’operazione Mnemosine a Venezia non si ferma qui. Sul retro dei grandi muri, infatti, sono ricavate 26 stazioni, delle nicchie entro cui si dipana un discorso che da una parte è antecedente, dall’altra conseguente all’azione pittorica di Casè. Ne è autore Marco D’Anna, giovane fotografo ticinese che da tempo segue, con intenti documentari ma con esiti di evidente poesia, il lavoro del pittore: ecco allora, da una parte 13 elaborazioni fantastiche della testa dell’artista e, dall’altra, 13 elaborazioni sul tema del cranio con immagini che indagano tra gli ossari delle chiese di montagna. E sotto ogni fotografia è riportata una lirica di Angelo Casè, il poeta fratello dell’artista scomparso nel marzo del 2005.

L’evento veneziano è accompagnato da un catalogo edito da Fidia edizioni d’arte di Lugano/Milano, introdotto da testi di Luciano Caprile, Maurizio Ferraris e Graziano Martignoni.

La mostra, che di inaugura venerdì 9 marzo alle ore 18.00, resterà aperta al pubblico fino all’1 maggio, tutti i giorni, escluso lunedì, dalle 10 alle 18. Ingresso libero.

La mostra si avvale di patrocini di
- Pascal Couchepin, Consigliere federale, Ministro Svizzero della Cultura
- Città di Venezia
- Consolato generale di Svizzera, Milano
- Repubblica e Cantone Ticino
- Pro Helvetia Fondazione svizzera per la cultura
- Istituto svizzero di Roma
- Fondazione Svizzera Pro venezia

Ed è stata realizzata con il contributo di
- Repubblica e Cantone Ticino Swisslos
- Banca Stato
- Fidinam
- Amici e collezionisti dell’artista