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MARC CHAGALL - ANTOLOGICA
8 marzo - 1 luglio 2001
Lugano, Museo d'Arte Moderna, Riva Caccia 5
Per la primavera 2001
il Museo d'Arte Moderna di Lugano sta organizzando una nuova grande mostra,
che fa seguito a quelle di Edvard Munch (1998), Amedeo Modigliani (1999),
Ernst Ludwig Kirchner (2000), particolarmente apprezzate dal pubblico
e dagli intenditori.
L'attenzione è
questa volta puntata su Marc Chagall (Vitebsk 1887 - Saint-Paul-de-Vence
1985) con una rassegna che si configura come un' antologia completa dell'arte
del maestro russo, fatto questo assolutamente unico, se si pensa che tutte
le più recenti mostre imperniate su Chagall ne hanno privilegiato
solo periodi e capitoli limitati. L'esposizione al Museo d'Arte Moderna
di Lugano presenterà infatti al primo e al secondo piano oltre
80 dipinti su tela, dai primi anni russi (1908-1910) fino all'ultima produzione
francese (1960-1980).
L'esposizione prevede
come consuetudine un percorso cronologico con momenti tematici singoli,
che permettono di cogliere tutte le influenze e le trasformazioni, e distinguere
così i principali capitoli iconografici chagalliani. Il terzo piano
è invece interamente dedicato alla produzione su carta: non incisioni
o litografie, ma opere originali (circa una quarantina di esemplari) che,
tra acquerelli, guazzi e disegni, integrano, evidenziando gli aspetti
più immediati della sua ricerca, la produzione pittorica proposta
nei piani precedenti. Eccezionalmente sarà possibile ammirare anche
alcuni esempi della produzione scultorea di Chagall.
Accompagnerà
la mostra un catalogo edito da Skira in due versioni (italiano e tedesco)
con riproduzioni a colori di tutte le opere e saggi dei più importanti
studiosi dell'opera del grande maestro, tra i quali figurano, con il curatore
Rudy Chiappini, Nicoletta Misler, Ziva Amishai-Maisels, Gianfranco Bruno,
Sylvie Forestier, Arturo Carlo Quintavalle, Jean-Michel Foray, Viviane
Tarenne e Flaminio Gualdoni. Particolare cura è inoltre posta alle
schede di commento alle opere, affidate a Sylvie Forestier, Françoise
Rossini-Paquet e Elisabeth Pacoud-Rème, e alla biografia e agli
apparati, curati da Barbara Paltenghi.
Il
percorso espositivo
"L'arte di mettere insieme colori contrastanti equilibrandone i rapporti
reciproci, e di creare le forme più semplici possibili": questo
è l'unico insegnamento che Léon Bakst,
insegnante alla scuola Zvantseva, trasmette ai suoi allievi, e
che Marc Chagall cerca, in ogni modo, di far proprio. Le prime sale dell'esposizione
ci fanno assaporare il clima di quegli anni (1908-1910) - che potremmo
definire "dell'apprendistato chagalliano"- attraverso alcune delle prime
"arditezze pittoriche" dell'artista, caratterizzate da movimenti fluenti
e flessuosi, ritmi incalzanti, ma soprattutto colori brillanti, puri,
energici, fauve, audacemente accostati.
Le sale successive,
proseguendo il percorso cronologico raccolgono opere realizzate nell'arco
di quattro anni (1910-1914), forse da considerarsi i più decisivi
e risolutivi per l'artista e la sua arte. Nell'agosto 1910, infatti, Chagall
lascia la "sua" Russia, per approdare a Parigi, dove scopre una "prodigiosa
luce-libertà" aleggiare attorno alle persone. Ne è affascinato
e incuriosito. Nonostante dominino nella Parigi di quegli anni Futurismo,
Fauvismo, Cubismo e differenti effervescenze pittoriche, l'artista, pur
attingendovi per arricchire il proprio linguaggio figurativo, sfugge a
qualsiasi tentativo di teorizzazione e categorizzazione. Chagall prende
l'avvio da vissuti quotidiani e ricordi personali, e il risultato finale
è più un luogo poetico, una realtà altra, onirica,
che una trasposizione oggettiva vera e propria.
Il 1914 è per
Chagall un anno particolarmente importante: la sua fama inizia a precederlo
nella cerchia degli artisti e nel milieu intellettuale di Parigi; comincia
a vendere alcune opere; partecipa a importanti collettive a Parigi e ad
Amsterdam, ed è protagonista della prima sua mostra a Berlino.
E' approfittando di questo ultimo viaggio berlinese, che torna, nel 1914,
a Vitebsk, dove la dichiarazione di guerra lo costringerà a fermarsi
per otto anni, fino al 1922. Nuovamente in patria realizza un numero impressionante
di quelli che definisce "suoi documenti": ritratti familiari e paesaggi
legati alla terra tanto amata, riuscendo a manifestare l'abilità
e la padronanza del colore acquisita negli anni parigini. L'arte della
memoria non abbandona Chagall nemmeno quando nel 1922 lascia la Russia
per fare ritorno a Parigi. Anzi, non appena scopre che gran parte delle
opere lasciatevi in precedenza sono andate perse, si dedica freneticamente
a riprodurle, replicarle e a fare di uno stesso soggetto più versioni,
modificandone ovviamente lo stile.
E' sempre di questi
anni la scoperta di un particolarissimo gusto per una natura esuberante
e luminosa (forse legata ai paesaggi della Francia mediterranea), che
si manifesta nella serie dei bouquets, "fatti" di una materia spessa,
quasi tattile. "I fiori?non li posso veder morire, per questo li metto
sulla tela, e così, vivono un po' più a lungo" Nel 1930
Chagall accetta l'incarico, da parte di Ambroise Vollard, editore parigino,
di illustrare la Bibbia; lavoro per il quale ritiene opportuno un viaggio
alla scoperta della Palestina. Contrariamente alle sue abitudini, nel
momento in cui si trova in quel paesaggio, dalla morfologia così
insolita, arso e brullo, e al tempo stesso ricco di una luce spirituale
e magica, sente il desiderio di lavorare all'aperto. Negli anni a seguire,
avvenimenti altamente drammatici (il volgersi del nazismo, le leggi antisemite
e la conseguente distruzione di alcune sue opere), aggiungono nuovi temi,
gravi e tristi, al già vasto repertorio chagalliano. La Révolution,
grande composizione iniziata nel 1937 e alla quale lavorerà a lungo,
è opera premonitrice dei tragici avvenimenti degli anni a seguire.
Successivamente sarà smembrata, dando vita al celebre trittico
Résistance-Résurrection-Libération a cui l'artista
lavorerà separatamente. Comune a tutte e tre è la presenza
di Cristo martire, cui fanno da contorno rabbini, ribelli armati della
rivoluzione sovietica, uomini, donne, vecchi e bambini, musicanti, ballerini,
acrobati e saltimbanchi simbolo di quell'intero popolo perseguitato a
cui appartiene Chagall stesso. Il 1939 segna la fine di un'epoca. Con
l'avvento della seconda guerra mondiale la famiglia Chagall deve abbandonare
Parigi; è il maggio 1941 quando Marc, Bella, Ida e ben 1500 chili
di opere "impacchettate", si imbarcano alla volta degli Stati Uniti, dove
Chagall incontra non solo il brulichio newyorchese, ma soprattutto gli
squillanti e intensissimi rossi messicani.
"Tutto è divenuto tenebra": queste poche parole rivelano il profondo
dolore di Chagall di fronte alla morte dell'adorata Bella, avvenuta il
2 settembre del 1944. Dopo un lungo periodo di inattività (si racconta
che volse le tele al muro per molti mesi), tuttavia, la sua energia non
va esaurendosi; al contrario. Tornato in Francia si cimenta in una serie
particolarmente ricca di opere a carattere biblico. Fin dalla tenera età,
Chagall ha imparato, attraverso insegnamenti religiosi, ad andare oltre
l'apparenza e cogliere il legame d'amore che unisce ogni cosa. E' questa
capacità di trascendere che sembra aver spinto l'artista a farsi,
in un certo qual modo, messaggero di contenuti religiosi. Il tutto attraverso
quel linguaggio muto, fatto di gialli brillanti, rossi vibranti e verdi
intensi. "Forse esiste un altro occhio, un'altra vita, un occhio di un
altro genere, e posto altrove, non dove siamo abituati a trovarlo...":
questa è la chiave di lettura per le tele raccolte nelle ultime
sale, che abbracciano un ampio lasso di tempo: dal 1956 fino agli ultimi
anni della produzione chagalliana; da quelle "nuovamente" a carattere
biblico ad altre nuovamente legate ai ritratti di vita familiare.
Il terzo e ultimo
piano dell'esposizione offre una mirabile raccolta di acquerelli, gouaches
e disegni su carta, all'incirca una quarantina di esemplari. Questo gruppo
risulta particolarmente rappresentativo, e in considerazione del fatto
che ci troviamo davanti a degli "unicum", la raccolta assume carattere
di straordinarietà. E' un po' come ripercorrere i primi due piani
della mostra, entrando nello studio dell'artista e guardando con quegli
stessi occhi "primordiali" con i quali Chagall coglieva un segno, un oggetto,
un volto.
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