IL DESTINO DELLA SCULTURA?
In collaborazione con Visarte – società delle arti visive, gruppo regionale Ticino

Museo Vincenzo Vela, Ligornetto, Svizzera
4 ottobre - 22 novembre 2009

 

Il Museo Vela ancora una volta si mostra attento all’arte contemporanea, accogliendo una proposta di Visarte-Ticino e presentando sette artisti operanti nel Cantone Ticino che si pongono l’interrogativo sul destino della scultura. Attraverso le loro opere, diversissime, rappresentano sette modalità di fare “scultura” oggi: non solo capacità di occupare lo spazio, ma ambizione di presentare oggetti agli occhi della mente.
Le installazioni presenti nel parco della Villa e nella sala principale del Museo costituiscono un ventaglio delle potenzialità espressive contemporanee al di là della scultura tradizionale, realista, dell’Ottocento, di cui proprio Vincenzo Vela fu uno dei massimi esponenti.
Ognuno con il proprio specifico linguaggio, gli artisti Alessandra Angelini, Ivana Falconi, Cristina Lifart, Penelope Margaret Mackworth-Praed, Milvia Quadrio, Régine Ramseier e Hanspeter Wespi vanno oltre il concetto di scultura della tradizione classica: nella scelta dei soggetti e dei materiali, nelle dimensioni e nelle tecniche utilizzate. Con grande  freschezza, intervengono sull’architettura e sul paesaggio, in un continuo confronto diretto con lo spazio, attraverso giochi di materia, installazioni e progetti concettuali.

Il tema della mostra - proposto da Sergio Morello, Presidente di Visarte-Ticino - parte dal presupposto che “la scultura, come tutti i generi tradizionali dell’arte, ha perso la sua specificità autonoma per entrare, una fra tante, nel nuovo universo del fare arte”.
Per cui, come scrive in catalogo Luigi Cavadini,  della scultura di tradizione rimane in modo pregnante la ricerca di una relazione con lo spazio: “Ciò che ciascuno degli artisti proposti va indagando è, al di là di tutto, la consistenza dello spazio. L’immissione in esso di forme costruite o di oggetti cercati/trovati (anche l’oggetto qualunque ha pur sempre una forma più o meno complessa, più o meno riconosciuta o riconoscibile) diventa lo strumento che ne rivela l’esistenza e ne genera vibrazioni, sia di carattere fisico che espressivo e di ambiente”.

In conclusione - annota nella presentazione della mostra Gianna Mina, direttrice del Museo Vincenzo Vela -  “al tono esistenziale e preoccupato del titolo-quesito di questa mostra si contrappone una sottile vena ironica, presente anche in alcuni dei lavori disseminati su questa collina luminosa, un’ironia che rende la scultura un’arte viva e coinvolgente. Semmai la domanda potrebbe essere un’altra: siamo in grado noi spettatori, noi pubblico, di liberarci dal bisogno di definire e di applicare strutture interpretative predefinite, per assumere invece un atteggiamento incuriosito, critico e aperto, tale da interagire con questi ′oggetti` e influire sul loro destino?”