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ECCELLENZE di DESIGN
Cantù, Ex basilica di S. Ambrogio, Piazza Marconi
3 dicembre 2010 - 17 aprile 2011
Il Comune di Cantù in stretta collaborazione con la “Associazione per il Museo di Cantù - Centro di documentazione per l’artigianato e le arti industriali”, Confartigianato - delegazione di Como, Camera di Commercio di Como e Cassa Rurale e Artigiana di Cantù, presenta a partire dal 3 dicembre, nei suggestivi spazi della ex basilica di S. Ambrogio a Cantù una mostra destinata a ribadire come Cantù ed il suo territorio siano stati alle origini del design, visto che le prime collaborazioni tra artigiani del mobile e architetti risalgono ai primi anni del ‘900.
L’esposizione, che matura su una serie di ricerche compiute a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, e che ha individuato materiali interessantissimi prodotti soprattutto a partire dagli anni ‘30/’40, punta a mostrare “eccellenze” di manufatti , che portano le firme prestigiose di autori che oggi consideriamo fra i massimi progettisti del ‘900: da Franco Albini a Carlo Enrico Rava, da Gio Ponti a Ico Parisi e tanti altri.
Questa “storia” poggia sulla presenza nel territorio di botteghe artigiane canturine (Lietti, Arrighi, Ballerini, Colombo, Marelli, Tagliabue, Tamborini e altri) in grado di realizzare - siamo negli anni ’30 - mobili di rilevante qualità, cui fanno riferimento quei nuovi architetti che pensano a una nuova estetica complessiva dell’abitare, che parte dai muri e dalla struttura dell’edificio per arrivare appunto all’arredo e ai suoi complementi.
Attraverso queste collaborazioni si consolidava in quegli anni una nuova dimensione culturale e di rinnovamento stilistico della produzione del mobile a Cantù ed un nuovo approccio degli artigiani al problema della esecuzione di mobili d’autore.
Le collaborazioni con architetti famosi continuano nei decenni successivi, facendo registrare mobili disegnati da Buffa, De Carli, Parisi, Mangiarotti, BBPR e altri, tanto che alcune fortunate collaborazioni divennero dei veri e propri sodalizi.
E ancora, con l’avvento della Selettiva, Concorso Internazionale del Mobile, tenutasi dal 1953 al 1973, il rapporto col mondo del progetto divenne per sempre un fattore imprescindibile di successo, soprattutto per quelle aziende destinate ad una rapida crescita, anche dimensionale.
Nella disposizione del percorso espositivo - che propone una evoluzione cronologica di quello che oggi definiremmo “mobili d’autore” - si è certo inteso documentare autentiche eccellenze di progetto, ma, nello stesso tempo, si è voluto evidenziare quella sapienza esecutiva, che risiede nella mente e nelle mani dell’artigiano, che sa cogliere il senso dell’idea dell’architetto e quindi, mediante soluzioni costruttive originali e spesso sorprendenti, “dare corpo” ad essa rendendola “agibile” alla funzione cui è destinata.
Attraverso l’analisi delle opere esposte è facile percepire un percorso evolutivo del progetto del mobile che non è fuori luogo qualificare come “design per l’artigianato” che si inserisce a pieno titolo nella più complessa ed articolata storia del design italiano, e di quello che Ponti e Parisi definirono “uno stile italiano”.
Sono leggibili nei mobili esposti diversi e originali linguaggi formali, diverse espressività figurative, diverse tecnologie costruttive, diverse finiture, che sono testimonianza di una evoluzione culturale del progetto e del mobile di qualità, che ha arricchito di cultura, negli anni, il mondo artigianale canturino.
La presenza di mobili disegnati da Franco Albini, Carlo Enrico Rava, Antonio Scoccimarro, Paolo Buffa, Guglielmo Ulrich, Gio Ponti, Carlo De Carli, Ico Parisi, Werner Blaser, Eero Aarnio, Ilmari Tapiovaara, Sven Staaf, Aldo Rossi, Ettore Sottsass, Umberto Riva, Raffaella Crespi, Afra e Tobia Scarpa, Bruno Munari, Pininfarina Extra, Franco Purini e altri ancora, rappresentano una testimonianza colta, inedita e articolata, anche se non esaustiva, di un percorso storico della evoluzione del design del mobile.
La rassegna è frutto di una ricerca importante, condotta da due studiosi come Alfio Terraneo e Michele Marelli, che hanno cercato nella case e nelle aziende della Brianza comasca, ma anche in prestigiose dimore milanesi, e che hanno rintracciato pezzi di cui si conosceva l’esistenza attraverso le riviste dell’epoca, ma di cui si erano perse le tracce da molti decenni. L’individuazione di questi materiali diventa ulteriore sollecitazione per l’ipotesi di quel Museo di Cantù e del suo territorio, inteso come raccoglitore, non tanto della “pialla e della sega” (quantomeno non solo), quanto delle importanti esperienze compiute nel tempo, rilanciando in chiave attuale quel rapporto tra progettista e costruttore, oggi più che mai l’unico in grado di dare continuità a quella produzione di assoluta qualità di cui il l’artigianato canturino va fiero. |