JAN FABRE. “THE SHELTER (FOR THE GRAVE OF THE UNKNOWN COMPUTER)”
Installazione
a cura di Giacinto Di Pietrantonio

LA MARRANA arteambientale
Montemarcello, località Marrana – 19030 Ameglia (La Spezia)
2 – 31 luglio 2005

Si ripresenta quest’anno nel parco di Grazia e Gianni Bolongaro in località La Marrana di Montemarcello, Ameglia (SP), uno degli appuntamenti di arte ambientale più significativi dell’estate italiana.
Ormai lungo è l’elenco degli artisti che sono intervenuti nel parco nelle estati scorse e di cui si trovano loro opere. Tra loro: Hossein Golba (1997), Kengiro Azuma (1998), Luigi Mainolfi (1999), Philip Rantzer (2000), Mario Airò e vedovamazzei (2001), Maria Magdalena Campos-Pons (2003), Joseph Kosuth e Jannis Kounellis (2004).

Quest’anno protagonista è l’artista fiammingo Jan Fabre.

“THE SHELTER (FOR THE GRAVE OF THE UNKNOWN COMPUTER)” (2005) è il titolo dell’opera-istallazione che Jan Fabre propone come scultura permanente per La Marrana per l’edizione 2005 curata da Giacinto Di Pietrantonio. Nonostante la poliedricità e l’eclettismo di questa figura – artista visivo, autore teatrale, coreografo e scenografo, editore,… – l’opera in questione riguarda strettamente quello delle arti visive, seppur con evidenti relazioni con le altre discipline sopracitate di un artista tanto vitale.
Eclettismo, atmosfere magiche e un forte rapporto con la tradizione figurativa fiamminga sono le costanti del lavoro di Fabre, un lavoro che si concentra sulla dimensione del corpo inteso come campo di indagine tanto in ambito artistico – quindi nei disegni, nei film, nelle sculture e nelle installazioni – quanto nella pratica teatrale – quindi nell’arte drammaturgica, scenica e coreografica.
Come un Leonardo contemporaneo – vicino però, per sensibilità e spregiudicatezza immaginativa, alla fantasia surreale e brulicante di Hieronymus Bosch e al realismo allucinatorio di Jan van Eyck – Jan Fabre tocca ciascuno di questi ambiti creativi – arte visiva, scrittura e teatro – con la stessa tensione e la medesima carica di fascino arcano e magia contemporanea. Ed è proprio l’immersione in un’atmosfera carica di suggestioni profonde che più caratterizzerà l’esperienza dello spettatore nel corso di questo viaggio.
Come spesso accade nell’opera di Fabre è la metamorfosi ad essere al centro del suo discorso, metamorfosi del corpo, metamorfosi dell’uomo-animale accompagnata da riti di passaggio non solo del corpo, ma anche dello spazio e della luce come avviene in questo caso dove la relazione luce-buio, chiaro-scuro, luce-ombra nella casetta-rifugio gioca un ruolo fondamentale.
In questa alternanza di luce e buio, dimensione intima e spettacolarità, stasi e movimento mostrano il nodo centrale dell’arte di Fabre: il motivo della vita come costante metamorfosi e trasformazione.


Ecco allora che “THE SHELTER (FOR THE GRAVE OF THE UNKNOWN COMPUTER)” - ovvero “Il rifugio (per la tomba del computer sconosciuto)”, (2005) - è ancora una volta metafora dell’esistenza; in quanto contenitore di croci con su incisi nomi di insetti (computer sconosciuti?), illuminate da sette lucerne, ci mette ancora una volta di fronte al dilemma della morte e del suo superamento. Al tempo stesso, sapendo che per Fabre gli insetti, come per Kafka, sono metafora della metamorfosi umana, l’opera ci ricorda anche i cimiteri di guerra di cui è da sempre disseminato il pianeta (e tornati di grande attualità nel giro tra il secondo e terzo millennio). Tuttavia, essendo Fabre, con la riproposizione continua della metamorfosi, un artista positivo, intento a recuperare la morte alla vita è anche colui che ci dà la speranza di una fine che non ha mai fine, perché finisce sempre e comunque, nella metamorfosi, per essere un nuovo inizio dato dall’arte come mezzo di iniziazione ad una nuova vita che passa attraverso la morte.
In questo passaggio Fabre esprime comunque la centralità del corpo che in tutta la sua opera - anche quando è studiato da morto - conduce ai risultati di un’arte viva. Nonostante ciò, quello a cui è interessato l’artista non è il corpo in quanto ossessione del nostro tempo – come forma di un’estetica fine a se stessa – bensì il corpo nelle sue manifestazioni più vitali e più vicine alla natura e che, come quest’ultima, compenetra l’etica e l’estetica. Un corpo che vive e muore e che, come l’arte, crea anche quando sembra distruggere.


OPERE PRESENTI NEL PARCO DI ARTE AMBIENTALE DE LA MARRANA

Con la mostra dedicata nel 1997 a Hossein Golba, è iniziata l’attività di La Marrana arteambientale, proseguita poi con le mostre di Kengiro Azuma (1998), Luigi Mainolfi (1999), Philip Rantzer (2000), Mario Airò e vedovamazzei (2001), Magdalena Campos-Pons (2003), e le installazioni/sculture di Lorenzo Mangili, Lucia Pescador, Cecilia Guastaroba, Quinto Ghermandi.

Hossein Golba
Lo stato d’animo
Passi

Kengiro Azuma
Il sogno

Luigi Mainolfi
Casa della Marrana (casa dei rovi)
La torre dai capelli al vento

Philip Rantzer
Cara Bene…
Il fischio del bosco
La cura di bellezza
Passione divina
Ti voglio bene ma sono stanco
Stanza n° 1 Senza titolo

Mario Airò
Plink!...

vedovamazzei
Stella Maris
155 A.C
.

Magdalena Campos-Pons
Interiorità (o luna sulla collina)

Joseph Kosuth
'Located world La Marrana' ,2003

Jannis Kounellis
"Senza titolo, La Marrana", 2004

Lorenzo Mangili
Start station (Caballa di Goethe)
Malapoma
Complementare al cielo in un dato invaso civile sopra un monte
Icona
Fontana per Gesser
Tribunale
Erma del genius loci

Lucia Pescador
L’arco della gibigianna

Cecilia Guastaroba
Tenda di p.

Quinto Ghermandi
Per traguardare il volo degli uccelli