In parallelo alla mostra PORTRAITS-RITRATTI che propone opere di grandi maestri della pittura, la Fondation Pierre Gianadda presenta una carrellata di immagini fotografiche scattate nel corso degli anni ’50 da quel Léonard Gianadda, allora giovane fotoreporter, che avrebbe costituito poi la Fondation Pierre Gianadda di cui è tuttora instancabile animatore.
"Con la macchina fotografica a tracolla, sono alla ricerca di uno scatto interessante..."
La fotografia gioca un ruolo importante nel percorso di Léonard Gianadda. Negli anni '50 è il suo primo mezzo di espressione d’arte. E quando cinquant'anni dopo Jean-Henry Papilloud e la Médiathèque Valais di Martigny tolgono da un oblio incredibile le opere realizzate da un fotoreporter pieno di promesse, la sorpresa è generale. Una sorpresa che cede il passo a una nuova valutazione della storia dell'ingegnere-mecenate. Se lo riferiamo alle sue attività successive, il lavoro fotografico di Léonard Gianadda permette di far luce e di spiegare ciò che egli ha fatto in seguito.
Così, in questa nuova prospettiva, la creazione della Fondation Pierre Gianadda non è l'inizio di una nuova carriera, ma il culmine di una percorso artistico che affonda le sue radici nella scoperta dell'arte italiana del Rinascimento e, soprattutto, nelle sue esperienze fotografiche della metà degli anni '50.
Léonard Gianadda compie lunghi viaggi nei cinque continenti. E’ interessato alla vita quotidiana, alla povera gente che incontra, ai contatti con uomini e donne che condividono qualche momento con lui. E’ così che egli propone, prima ai giornali del Vallese, poi alle riviste illustrate svizzere, dei reportage che aprono gli orizzonti dei lettori sulle realtà dell’Italia, della Jugoslavia, della Grecia, dell’Egitto, della Tunisia, del Marocco, e poi, della Russia, del bacino del Mediterraneo e delle Americhe.
Il 1957 è un anno di svolta nella sua carriera di fotoreporter e nella sua vita. Il direttore di Radio TV Je vois tout gli chiede di fare un ritratto di Georges Simenon, che soggiorna a Losanna. A 22 anni il giovane Gianadda, in febbraio, entra al Lausanne Palace per incontrare il famoso scrittore. Questo reportage si trasforma in un solido successo perché l’editore di Simenon gli acquista una selezione di immagini per l’equivalente del salario di un anno intero di un ingegnere. Gli apre altresì il cuore di Annette Pavid, che egli conosce quando va a presentare il suo lavoro all’Association des intérêts di Losanna. Annette è affascinata dalle foto e dal fotografo.
Da allora i reportage si succedono a un ritmo impressionante. Ogni periodo di vacanza permette allo studente di ingegneria del Politecnico di Losanna di partire all’avventura e ad ogni ritorno in Vallese gli dà l’occasione di realizzare dei reportage locali. Nel febbraio-marzo 1957, segue per la Televisione della Svizzera romanda, di cui è il primo corrispondente dal Vallese, il voto delle donne a Unterbäch e a Martigny-Bourg. Nelle vacanze di Pasqua, compie un viaggio che lo porta in Italia e in Tunisia. Nel mese di maggio, partecipa al pellegrinaggio Parigi-Chartres sulle orme di Charles Péguy. Infine, in luglio-agosto, si reca a Mosca per il Festival Internazionale della Gioventù e degli Studenti. Lì scatta più di 1.300 fotografie che mostrano aspetti sconosciuti della vita quotidiana dietro la cortina di ferro.
Preso ormai dal fotogiornalismo, dove crede di aver trovato la sua strada, il 31 ottobre del 1957 fa domanda di iscrizione all’Association suisse des photographes de presse (ASPP). Nonostante il gran numero di servizi fotografici pubblicati, la qualità delle sue fotografie e un reddito annuo di 6'000 franchi, la sua richiesta è formalmente respinta nel giugno del 1958 con la seguente motivazione: "la nostra associazione non può considerare professionista una persona che pratica la professione di fotoreporter come il suo passatempo preferito, ma che in realtà è nello stesso tempo uno studente che si prepara ad un'attività del tutto differente.”
La polemica che ha fatto seguito al ritorno da Mosca non è menzionata, ma probabilmente lo scandalo creato dalla fotografia di Léonard Gianadda che mostra János Kádár, leader della repressione ungherese, che sfoggia le insegne svizzere del 1° agosto, non ha giocato in suo favore...
In seguito a questo rifiuto, abbandona l'idea di una carriera da fotoreporter. Ma non sarà la fine dei reportage. Ci saranno ancora il famoso “Tour de la Méditerranée” con la VW Coccinelle (il nostro Maggiolino) con il fratello Pietro nel 1960 e la sua luna di miele in America nel 1961.
Nello stesso tempo che il fotoreportage ha permesso di rivalutare la sua carriera di ingegnere e di mecenate, oggi, dopo la morte di sua moglie , ci si rende conto che Annette, al di là della sua discrezione, ha giocato un ruolo fondamentale in questo percorso sorprendente. L’elemento umano, in particolare, esalta in maniera esemplare, al punto tale che è parso naturale presentare, a partire dai fotoreportage degli anni ’50 e ’60, una mostra di “ritratti” testimoni di questi incontri.
Nel percorso del giovane fotografo, l’incontro, la complicità di un momento con dei bambini, con una donna o un uomo incontrati per caso lungo le strade di una città o di un villaggio, sono fondamentali “si offre un grappolo d’uva, un fico, un pugno di datteri. Ma molto di più: si sorride” – scrive su le Nouvelliste valaisain nel 1956. L’empatia con le persone fotografate, il desiderio di condividere, si sviluppano lungo un percorso in cui la curiosità e lo spirito di scoperta sono essenziali: “ la vita della città non si trova nei musei. Per avvicinarla, toccarla e capirla, bisogna recarsi sulla piazza del mercato” scrive su Le Confédéré nel 1957. Attraverso la scelta dell’inquadratura e la valorizzazione dei dettagli, scopriamo una presa di coscienza sociale, confermata nei testi che accompagnano le fotografie. Già in occasione del suo primo viaggio del 1952 in America e a Cuba, è colpito dalle disuguaglianze sociali e dalla miseria che regna in certi quartieri. Il contrasto è identico anche quando visita l’Egitto: “si è molto parlato del canale di Suez nel corso delle ultime settimane; però non c’è solo il canale in Egitto, c’è anche la miseria, una popolazione estremamente ospitale, templi inimmaginabili … e anche delle piramidi. Della miseria? Essa percorre tutte le strade.” (Point de vue-Images du Monde, 1956).
Nella mostra è stata privilegiata una presentazione cronologica dei reportage, convinti della necessità di seguire i viaggi del giovane fotoreporter per meglio comprendere il seguito della sua vita.
Per questa esposizione PORTRAITS-RENCONTRES, un’altra lettura si è rapidamente imposta. Non si trattava più solo di viaggiare da un paese all’altro, ma di tentare di dar conto di ciò che ha catturato Léonard Gianadda in tutti questi incontri, segnati dal caso e dalla curiosità. Passando da un argomento all’altro, con un’immagine che ne chiamava un’altra, si è definito questo percorso attraverso quindici argomenti: nei paesi dell’infanzia, a tavola, sull’acqua, sulla seduzione, sulla testa, sotto il sole, a riposo, sui cantieri, in viaggio, in divisa, sulla tenerezza, all’ascolto, furtivamente, agili mani, in musica… Una forma di scena che fa eco a ciò che scrisse il giovane reporter su Moto-Touring nel 1957: “lo spettacolo è nella strada: non c’è che da sedersi davanti ad un eccellente caffè turco e guardar sfilare davanti a sé la folla, per avere un’idea del colore locale. Tutto scorre come sullo schermo di un cinema…”