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PIERINO SELMONI. Oltre l’ingegno, la materia. Sculture 1946-2012
16 settembre - 16 dicembre 2012
Ligornetto (Svizzera), Museo Vincenzo Vela
Informazioni
www.museo-vela.ch
Tel. + 41(0)91 640 70 40/44
Fax + 41(0)91 647 32 41
museo.vela@bak.admin.ch
www.facebook.com/Museovincenzovela
Mostra e catalogo a cura di
Gianna A. Mina
Progetto grafico del catalogo
Mario Cresci
Catalogo con testi di
Matthias Frehner
Gaia Regazzoni-Jäggli
Simona Martinoli
Rainer Michael Mason
Gianna A. Mina
Maria Will
Apparati
Anita Guglielmetti
Lorenza Fattorini
Catalogo
Edizione Museo Vincenzo Vela, 2012, 240 pp., 180 ill. , Fr. 65.-
Un omaggio dovuto, attraverso la rilettura di un’opera di grande portata ideale. È questo l'intento della prima mostra antologica che il Museo Vincenzo Vela dedica allo scultore Pierino Selmoni, a vent'anni dall'ultima esposizione monografica dedicatagli dal Museo d’arte di Mendrisio. Attraverso una novantina di opere disposte nelle sale della villa e nel parco adiacente – datate dal 1946 al 2012 – e grazie agli approfondimenti in catalogo, si intende offrire una lettura critica di ampio respiro ed evidenziare lo spessore concettuale – sempre coerente – e la complessità formale, sorprendente e ardita, che contraddistinguono il lavoro dell’artista ticinese, decano tra gli scultori svizzero-italiani e figura del tutto singolare nel panorama artistico ticinese e nazionale.
Scultore prolifico e versatile, mosso da un’insaziabile curiosità, artefice e forgiatore – in senso plastico – di disfide con la materia e con i fenomeni naturali – di ottica e di meccanica in particolare – l’artista Pierino Selmoni è graziato da una sottile e lucida forma di anarchia, che lo ha assolto dal “dovere di appartenenza” e lo ha reso, e lo rende tutt’ora, libero idealmente e predisposto ad affrontare con sempre rinnovato vigore gli incarichi più vari.
Alla consapevolezza di conoscere e di padroneggiare, fra gli ultimi testimoni di una secolare tradizione, le tecniche del taglio e dell’incisione della pietra – da lui intesa come corpo vivo da interpellare in un costante dialogo, non da addomesticare –, Selmoni accompagna un profondo interesse per l’essere umano e un grande rispetto per le manifestazioni del creato.
Con le sue sculture Pierino Selmoni re-interpreta e ri-costituisce ciò che osserva. Egli rivendica per sé il diritto alla medesima poliedricità che si ritrova in Natura, il suo mentore e il suo unico vero interlocutore. Altre esigenze, di immagine, di mercato, di riconoscibilità, gli sono del tutto indifferenti. Prova ne sono i suoi numerosi interventi in spazi pubblici e sacri, di una sorprendente e quasi sconcertare diversità, da annoverare tra le sue prove più alte e raffinate. La sua libertà interiore gli ha permesso anche in questi contesti complessi e in qualche modo vincolanti, di rispondere alle novità in ambito pedagogico o liturgico con soluzioni formali di notevole leggerezza e sensibilità, oltre che di indubbio valore estetico.
Con tutto ciò sembra valere l’affermazione che la creatività di Pierino Selmoni nasce anzitutto dal rispetto per il mondo che lo circonda e dallo stupore per ciò che egli ancora non conosce ma su cui, mai pago, è indispensabile che rifletta. Egli ha deciso ben presto di intraprendere un percorso in completa autonomia, basato sulla ponderazione, sull’interrogazione dell’universo e dell’essere umano (molte delle sue opere sono scaturite da una precisa domanda che egli si era posta), nonché su una sottile ed intelligente ironia.
La mostra è accompagnata da un corposo catalogo, che illustra la carriera dello scultore e che include uno studio sui suoi rapporti con gli architetti e sui suoi interventi pubblici (di Simona Martinoli), un’attenta analisi del suo percorso creativo (di Matthias Frehner, direttore del Kunstmuseum Bern, e di Maria Will), e un approccio al suo uso del disegno (di Rainer Michael Mason), oltre a un’intervista curata da Gaia Regazzoni Jäggli. Segue un ricco apparato di illustrazioni e un’interpretazione fotografica realizzata da Mauro Zeni, dedicata al dialogo tra opere e artista. Il volume, curato da Gianna A. Mina, beneficia della progettazione grafico-artistica di Mario Cresci.
Pierino Selmoni - Nota biografica
Pierino Selmoni nasce a Ventimiglia nel 1927, da genitori di origine ticinese. Rientrato in Ticino con la famiglia allo scoppio della seconda Guerra Mondiale, dal 1941 al 1945 segue un tirocinio di marmorista a Lugano, sotto la guida di Dante Rossi; questa solida formazione, basata sulla “regola” che si tramanda nell’antica tradizione scultorea, si rivelerà fondamentale per il suo successivo percorso artistico. Nello stesso periodo frequenta la scuola libera di disegno di Carlo Cotti a Lugano e l’atelier di Mario Bernasconi. Dal 1947 al 1950 studia all’Accademia di Brera a Milano, allievo di Marino Marini, Giacomo Manzù e Francesco Messina. Nel 1951 riceve la borsa federale di Belle Arti, riconoscimento che gli viene assegnato anche l’anno seguente e nel 1958. Nel 1954 è ospite presso l’Istituto svizzero di Roma. Tornato in Ticino, per questioni di natura materiale è inizialmente attivo soprattutto su commissione di vari scultori – tra cui Jean Arp, Max Bill, Giovanni Genucchi, Remo Rossi e Paul Speck –, dei quali ingrandisce in gesso e riproduce in pietra i modelli.
La collaborazione, nel 1959, con l’architetto basilese Hermann Baur per la chiesa di San Nicolao della Flüe a Birsfelden segna l’avvio di un nuovo ciclo nell’iter di Pierino Selmoni: gli interventi artistici legati all’ambito architettonico. Tra i molti architetti per i quali l’artista esegue opere destinate a edifici e luoghi religiosi o di fruizione pubblica, sia in Svizzera sia all’estero, si ricordano Mario Botta, Tita Carloni, Giancarlo Durisch, Alberto Finzi, Aurelio Galfetti, Karl Higi, Giampiero Mina, Gianfranco Rossi e Dolf Schnebli. Il prestigioso premio assegnatogli nel 2003 dalla Federazione Architetti Svizzeri costituirà il meritato coronamento della pluriennale attività svolta da Pierino Selmoni in questo campo specifico, che lo ha visto eccellere per l’intelligente sensibilità dei suoi interventi, attenti nel cogliere i sottili equilibri tra forme, luce e spazio architettonico (oltre che sonoro).
Il ricco itinerario espositivo di Pierino Selmoni prende avvio nel 1946 con una collettiva organizzata dalla Società ticinese per le belle arti; in seguito l’artista parteciperà a diverse mostre e rassegne sia in Svizzera che in Italia, quali l’Esposizione svizzera di scultura all’aperto a Bienne (1954, 1958, 1962) e l’Esposizione nazionale svizzera del 1964. Membro della Società svizzera pittori scultori architetti, nel 1963 l’artista è tra i fondatori dell’Associazione ticinese pittori e scultori, poi ridenominata Movimento 22. Tra le sue più importanti personali si segnalano quelle presentate dal Museo d’arte di Mendrisio nel 1990 e dalla Civica Galleria d’Arte Villa dei Cedri nel 1993. Lo scultore vive a Brusino e condivide lo studio di Ligornetto con il figlio Paolo, anch’egli scultore.
Nell’opera di Selmoni la virtuosistica padronanza delle tecniche scultoree – dal marmo al legno, dal bronzo al ferro, con una predilezione per la pietra – si coniuga a una straordinaria libertà di invenzione e a una notevole vitalità espressiva. La vasta e poliedrica opera dell’artista, contraddistinta da una spiccata sensibilità per i rapporti che intercorrono tra luce e materia, si sottrae a una lettura lineare. Nella produzione figurativa, talvolta connotata da ascendenze cubiste, prevale il tema della Maternità e della Coppia; altri soggetti, come nel caso della Gallina meccanica (1973) o della Noce (1980), sono contraddistinti da una vena più ludica e ironica. La produzione di carattere astratto annovera opere di impronta geometrizzante, in cui lo scultore rivela una particolare attenzione e conoscenza dei fenomeni naturali e fisici legati alla luce, e opere di taglio fitomorfo, dallo sviluppo quasi organico. Alla base di entrambe si pone il disegno, strumento di studio del dato naturale, che l’artista indaga con persistente stupore e costante curiosità.
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