|
MARK TOBEY. MEDIATORE TRA ORIENTE
E OCCIDENTE
12 maggio
17 luglio 2009
Milano, Galleria
Blu (Via Senato 18, tel. 02.76022404)
Sono passati più
di quarantanni dalla prima presenza di Mark Tobey alla Galleria
Blu di Milano. Fu infatti nellottobre del 1968 che unopera
dellartista americano comparve in una rassegna che aveva come titolo
LImmortale e che presentava importanti maestri internazionali
come Arp, Ernst, Fontana, Goetz, Magnelli, Matta, Picasso.
Ora a Mark Tobey - una cui opera è attualmente presente nella mostra
Morphologie autre. Omaggio a Michel Tapié in atto alla
Blu fino ai primi di maggio - è dedicata una mostra personale che
propone venti opere scelte, realizzate tra il 1953 e il 1972, negli anni
di una maturità ormai piena. La prima comparsa di Tobey in Italia
si era avuta alla Biennale di Venezia del 1948, cui sarebbero seguite
altre presenze nelle esposizioni del 1956 e del 1958, edizione questultima
che gli valse il Gran Premio per la pittura. Un bel gruppo di suoi lavori
facevano bella mostra di sé nel padiglione degli Stati Uniti assieme
a dipinti di Mark Rothko e alle sculture di David Smith e Seymour Lipton.
In quelloccasione, nel catalogo della Biennale, Frank OHara
faceva lucidamente il punto sugli esiti fino a quel momento raggiunti
dallartista e parlava della sua pittura facendo riferimento alla
sua predilezione per la linea in opposizione alla massa (la
massa come elemento tipico della cultura e dellarte dellOccidente,
la linea di quelle dellOriente) citando il confronto che egli aveva
cercato con alcuni maestri della pittura orientale e che Tobey stesso
riassumeva sottolineando di essere giunto a scoprire da me stesso
che si può vedere un albero non solo in termini di
luce e di massa, ma anche come linea dinamica. Su questi presupposti
si è poi sviluppata tutta la sua arte, segnata dapprima dalla scrittura
bianca (la white writing), fondata sulla calligrafia orientale,
e poi evoluta nella scrittura di colore, a volte in una costruzione spaziale
densa e composita, altre volte in una semplicità grafica disarmante.
La mostra è accompagnata da un catalogo introdotto da un saggio
di Heiner Hachmeister, del Comitato Mark Tobey di Muenster, che definisce
Tobey mediatore tra Oriente e Occidente e sottolinea i contatti
italiani del maestro americano, da quelli iniziali con Piero della Francesca
e i suoi affreschi di Arezzo a quelli con Piero Dorazio, i cui lavori
degli anni 50 - scrive - anche se alimentati concettualmente da
fonti costruttiviste, sono stati senza dubbio influenzati da Tobey, almeno
per quanto riguarda la loro superficie visiva.
Mark Tobey nasce
a Centerville, Wisconsin, nel 1890. Dopo aver frequentato i corsi dellArt
Institute of Chicago (1906-1908) si trasferisce a New York, dove lavora
come illustratore di moda. La sua prima personale è del 1917, ma
già lanno successivo, con la sua conversione alla fede Bahai,
la sua pittura va alla ricerca di una dimensione spirituale. Dal 1922
è a Seattle per insegnare alla Cornish School of Allied Arts e
qui comincia a studiare la calligrafia cinese. Dopo un viaggio a Parigi
(1925) le sue strade si dirigono verso il Medio Oriente, dove affronta
le culture (e le scritture) persiane e arabe, e da dove rientra a Seattle.
Un lungo soggiorno in Inghilterra, come artista residente alla Dartington
Hall, una scuola progressista nel Devonshire, tra 1931 e 1938, gli consente
altri importanti viaggi, tra cui si situa, nel 1934, durante un viaggio
in Oriente, un periodo di meditazione e di studio in un monastero zen
fuori Kyoto. Matura qui quella scrittura bianca, che gli darà
una riconoscibilità universale e che sarà presentata nel
1944 alla Willard Gallery di New York. Anche i musei si accorgono di lui
e seguono quindi importanti esposizioni a Portland (1945), Chicago (1946),
San Francisco (1951). Nel 1955 è da Jeanne Bucher a Parigi e nel
1957 presenta i primi dipinti a inchiostro Sumi. Il gran Premio per la
pittura della Biennale del 1958 lo porta definitivamente in Europa. Si
trasferisce infatti a Basilea nel 1960 dove rimarrà fino alla morte
(1976). Intanto lo celebrano importanti musei come il Musée des
Arts Décoratifs di Parigi (1961), il Museum of Modern Art di New
York (1962), lo Stedelijk Museum di Amsterdam (1966) e la National Collection
of Fine Arts di Washington (1974).. |