EDOUARD VALLET (1876-1929)
L’art d’un regard

Martigny, Fondation Pierre Gianadda
17 novembre 2006 – 4 marzo 2007

Nessuno dubitava che un giorno il pittore e incisore ginevrino Edouard Vallet (1876-1929) avrebbe avuto l’onore di esporre alla Fondation Pierre Gianadda. Trent’anni fa, grazie ad una retrospettiva itinerante che ne commemorava il centenario della nascita, la sua opera fu proposta al Manoir della città di Martigny. L’occasione di oggi permette di presentarlo alle nuove generazioni, rinfrescando nello stesso tempo la memoria di quanti si erano ritemprati allora ammirando opere segnate dal marchio dell’originalità.
Figura di rilievo dell’arte svizzera degli inizi del XX secolo, Vallet ha un posto d’onore nelle raccolte dei musei e delle fondazioni più rinomate della Svizzera; qualche amatore d’arte avveduto ne possiede degli insiemi rappresentativi e le aste mostrano un interesse notevole attorno al suo lavoro da parte dei collezionisti, anche se poche sono le opere che vi compaiono. Le numerose personali, quando l’artista era in vita e dopo la morte, non sono state sufficienti per ancorare il suo nome alla memoria collettiva, mentre artisti coevi come Hodler, Vallotton, Cuno Amiet, Giovanni Giacometti, Segantini hanno invece conseguito una fama indiscutibile. La pubblicazione recente del catalogo ragionato della sua opera dipinta, curato dallo storico dell’arte Bernard Wyder con la collaborazione di Jacques Dominique Rouiller, curatore di questa rassegna, consente di riprenderne e rilanciarne l’opera.

Circa quarant’anni separano i primi studi delle mani della nonna materna dell’artista dalla tela incompiuta del 1929, di proprietà della Confederazione, che mostra Valère e Tourbillon. Data per scontata la maestria acquisita nel tempo, va constatato che Edouard manifesta fin dagli inizi – eravamo allora nel 1892 – non solo applicazione ma una reale passione nel descrivere e nel penetrare le persone e le cose. Una passione che lo seguirà sempre. Lungo tutto il suo percorso artistico, egli si esprime con un identico piacere mediante il disegno, il pastello, la pittura ad olio, la gouache, l’acquerello o l’incisione. L’apprendimento della xilografia, sotto la guida di Alfred Martin, dopo il suo passaggio all’Ecole des arts industriels, gli offre solidi strumenti nel campo dell’illustrazione. A proposito di quest’ultima tecnica, possiamo ricordare che un certo numero di acqueforti saranno tirate direttamente nelle sale della mostra, a partire dai rami originali, sulla pressa che Vallet non tardò ad installare nel suo atelier di Vercorin, dopo aver acquistato nel 1912 sull’altipiano una casa ancora nelle mani della famiglia.

La mostra di Martigny si compone di una successione di " coup de coeur " che costituiscono altrettante tappe nel suo itinerario di ricerca. Vallet è pittore di città e di campagna, con una predilezione per l’evasione che gli garantiscono i numerosi viaggi nella campagna ginevrina e oltre.
Come mostrano molti dipinti, egli si interessa alla figura umana, ai bambini così teneramente descritti, ai vecchi i cui volti rappresentano una vita spesso difficile. Parallelamente gli artigiani e personaggi di ogni genere attirano la sua attenzione. Il giovane artista dà peso a quelli che che ci si limita a considerare povera gente. I luoghi chiusi non gli sono estranei; nei suoi soggiorni di campagna egli visita e rappresenta fienili, stalle, cantine, frantoi. Alternanza quindi di interni ed esterni. Anche i giardini sono un tema ricorrente, spesso avvolti da un romaticismo desueto che non durerà molto.

Dimanche matin 1908-1909 è l’opera centrale della retrospettiva. È nello stesso tempo un’opera cerniera in quanto riassume il passato e prefigura l’avvenire. Il trasferimento di Vallet a Hérémence nel 1908 costituisce uno choc, come certamente fu la scoperta di Roma e Chioggia nel 1905 in occasione di un viaggio in Italia. Gli oli e i pastelli eseguiti nella penisola segnano già una svolta nella maniera di dipingere, che si fa più personale. Ma è a partire da Hérémence che Vallet esprimerà il meglio di sé.
La frequentazione assidua della natura, con l’episodio del giardiniere filosofo scoperto sulla riva dell’Arve a Ginevra di cui diviene amico, lo avvicina al mondo che lo circonda. Il suo carattere, fatto di tenacia, di ostinazione, di umiltà, di rettitudine, di volontà, porta in sé una parte di femminilità. Egli ha vissuto in un universo esclusivamente femminile: la nonna già citata, le due sorelle, la sua prima e la seconda moglie, le tre figlie. Rude e dolce nello stesso tempo. Il destino non gli risparmia la sofferenza: ha appena un anno quando muore suo padre, titolare di una prospera camiceria a Ginevra. Nel 1905 quando torna dall’Italia, è colpito del tifo; tredici anni più tardi perde Marguerite, la sua prima compagna, donna pittrice dal talento promettente. Non integrarla nella mostra sarebbe stato grave, visto che tutti e due lavorarono agli stessi temi in occasione del loro soggiorno a Riod tra 1911 e 1912. Alla Fondation Gianadda alcune delle tele di Marguerite evocano questo periodo felice. Anche un suo autoritratto è esposto di fronte a quelli, numerosi, di Edouard Vallet. Attraverso questa galleria di autoritratti, si scopre il blu dei suoi occhi, lo spessore che il personaggio acquisisce con il passare del tempo, il suo vissuto e l’evoluzione del suo stile. Una lezione appassionante di introspezione.

Vallet e la sua famiglia divisero la loro esistenza tra Ginevra e il Canton Vallese, mantenendo il domicilio nella città di Calvino, ma non esitando a trasferisrsi in territorio vallesano fermandosi a Ayent, Savièse, Vercorin, Sion.

La nascita e la morte sono largamente presenti in Vallet, con la rappresentazione dei battesimi, delle scene di maternità e di sepoltura. Egli mostra, inoltre, di partecipare intimamente della vita dei suoi personaggi. La sua illustrazione, tra l’altro, del quotidiano montanaro, attraverso i suoi riti e fino alla sua intimità, fa di lui un etnologo prezioso. Contrariamente ad altri artisti, non cederà mai all’aneddotica e al folclore, operando sempre in presa diretta sull’avvenimento. Anche nel paesaggio Vallet si impegna fin nel profondo, confrontandosi con la montagna magica tanto a Vercorin che nella pianura del Rodano a Riod. La montagne en automne, Le matin à la montagne ou La montagne en hiver, La terre sono esemplari di questo genere. Al carattere monumentale, preferisce le sue delicate nature morte che tornano a più riprese nella sua opera come spazi liberatori. E lo stesso avviene quando coniuga da una parte i covoni del tempo di mietitura, i sottoboschi o dei pezzi scelti di natura selvaggia.
L’artista muore il 1° maggio 1929 nella Villa Susana, vicino a Onex, in seguito a una grave e lunga malattia.
Il catalogo della mostra Edouard Vallet (264 pagine) riproduce a colori tutte le opere esposte.