VINCENZO FERRARI

Milano, Galleria Blu, Via Senato 18
19 novembre – 12 gennaio 2008

Informazioni: tel. 02.76022404

www.galleriablu.com

 

 

Alla Galleria Blu di Milano Vincenzo Ferrari ha esposto agli inizi della sua carriera arti-stica, con una esposizione personale nel 1972 e in numerose altre occasioni nei de-cenni successivi. Ora vi torna con una mostra personale che ci presenta in prima per-sona, facendoci quasi vedere, attraverso le parole, la successione delle opere, ma so-prattutto la passione che egli mette nella loro realizzazione.


La mostra – scrive – è intitolata Vincenzo Ferrari, dove Vincenzo è scritto in calligrafia mentre Ferrari è in carattere da stampa. Vincenzo, scritto in quel modo, rappresenta la mia irripetibile identità che si affaccia ad un mondo estremamente grande che è rappresentato dal cognome scritto con un carattere impersonale.
La mostra è un percorso, forse un viaggio, attraverso il mio lavoro di questi ultimi anni, sintetizzato in tre piccole installazioni iniziali che, volutamente, nel modo di presentarsi si diversificano da tutto il resto delle opere legato a esperienze di tipo pittorico.
Tali installazioni alludono l’una al ricordo, l’altra alla traccia e nel loro sommarsi l’una all’altra realizzano la memoria; forse il viaggio potrebbe avvenire anche in senso con-trario cioè è la memoria che, dissolvendosi, ci permette di arrivare ai ricordi attraverso le tracce.
Poiché le opere non sono disposte secondo un percorso cronologico, il viaggio si svi-luppa in svariate direzioni che lo collocano in una condizione di costante deriva.
Così si passa dall’introduzione nella forma di un trittico che ha come tema la bellezza del paradosso, al tentativo di rappresentare la suggestione prodotta dalla crocifissione di Grünewald ad Isenheim, dove la citazione appare grazie a dei tiranti che sollevano la pelle del dipinto, lasciando trasparire la figura del Cristo su un fondale di colore intenso.
Questa pelle che si solleva dà inizio a un nuovo percorso di viaggio che, dopo un’opera particolarmente drammatica intitolata “Cos’è”, in cui i brandelli di pittura e le relative corde arrivano ad essere una presenza molto sofferta, si realizza in una serie di quadri in cui i tiranti svelano varie riflessioni: cos’è l’insensatezza, qual è la corrispondenza tra il gesto e il senso e così via.
Dopo una parentesi di tre lavori in cui la drammaticità dei brandelli di pelle è sostituita dalla pericolosità di scaglie di vetro o dalla frattura di un vetro da cui fuoriesce la tela strappata dal suo telaio, si arriva poi a delle grandi tele che riassumono i percorsi pre-cedenti, per giungere alla fine, sempre contraddicendo la cronologia, con una piccola serie di quattro opere. Questa serie mette in gioco il rapporto tra l’idea di certezza rap-presentata dal filo a piombo che contrasta con le immagini di fondo e lo spiazzamento che lo stesso filo a piombo può produrre nel prendere una direzione assolutamente in-naturale. Tutto questo avviene come nelle prime tre installazioni da cui la nostra deriva è iniziata; forse abbiamo costruito un viaggio che banalmente si risolve in una continua circolarità, un tornare sempre e ossessivamente su se stessi solo in modi formalmente diversi.
Tutte queste opere non sono altro che brandelli di memorie, che attraverso il ricordo, si formalizzano in tracce che segnano un percorso, lasciando allo spettatore l’onere di percorrerlo.


In occasione della mostra è stato realizzato un libro d’artista, integrato da un testo di Elena Pontiggia, dal titolo “Carte d’identità”.

Biobibliografia
NaVincenzo Ferrari nasce a Cremona nel 1941 e nello stesso anno la famiglia si trasferisce a Milano. Nel 1960 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera dove si diploma con Gianfilippo Usellini. Dopo le prime esperienze pittoriche, nel 1967 inizia la propria ricerca riferibile all’arte concettuale e dal 1971 insegna all’Accademia di Brera. Fondamentale è per lui, a partire dal 1969, l’amicizia con Vincenzo Agnetti.
Oltre a svolgere un’intensa attività espositiva, partecipa con Ugo Carrega alla stesura del Manifesto della Nuova Scrittura (1975) e del Piccolo Manifesto dell’Artescrittura (1982).
Dal 1976 avvia ripetute esperienze di lavoro con Alik Cavaliere, presentate successivamente in esposizioni e allestimenti scenici. Inoltre, a partire dal 1969, affianca all’attività espositiva un’intensa produzione di libri d’artista.
La sua attività espositiva prende il via nel 1967. Queste le tappe più significative: 1971 Premio Pascali, Pescara; 1972 XXXVI Biennale di Venezia; 1973 Triennale di Milano; 1976 Museo d’Arte Contemporanea, San Paolo del Brasile; 1977 Documenta 4, Kassel; 1978 Galleria d’Arte Moderna, Bologna - Palazzo Vecchio, Firenze - War Memorial College, Sidney; 1979 Triennale, Milano - Rotonda della Besana, Milano - Galleria d’Arte Contemporanea, Alessandria; 1980 Biennale Internazionale d’Arte, Venezia - Palazzo Carignano, Torino;1981 Palazzo delle Esposizioni, Roma - Rotonda della Besana, Milano - Biblioteca Nazionale, Parigi; 1983 Palazzo Reale, Milano - British Council, Heyward Gallery, Londra; 1984 Galleria d’Arte Contemporanea Taipei, Formosa; 1985 Kunsthaus, Berna - Kunstmuseum, Stoccarda; 1986 XLII Biennale Internazionale, Venezia - XI Quadriennale d’Arte, Roma; 1987 Arte di gruppo, Kassel; 1993 S.M.G.T., Parigi - Biennale, Milano - Sala Napoleonica Accademia di Brera, Milano (con A. Cavaliere); 1998 Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto; 1999 XIII Quadriennale, Roma; 2001 Fondazione Stelline, Milano.
Alcune sue opere degli anni ’70 sono ora esposte nella mostra “La parola nel mondo”, allestita presso il MART di Rovereto.